Onorevoli Colleghi! - Il sistema dei rapporti Stato - Chiese nell'ordinamento costituzionale italiano è articolato e complesso.
      I rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa Cattolica sono regolati dall'articolo 7 della Costituzione, che, dopo avere richiamato il principio che lo Stato e la Chiesa Cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, sancisce che i loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi, cioè in forma giuridica di trattato internazionale. Nel tempo, e cioè nel 1984, si è provveduto alla stipula di un nuovo Concordato tra Stato Italiano e Chiesa Cattolica in cui non figura più l'affermazione che la religione cattolica è la religione dello Stato italiano, e si è introdotto il regime del contributo volontario mediante l'8 per mille del gettito IRPEF in sede di dichiarazione dei redditi che può essere attribuito sia alla Chiesa Cattolica sia alle altre Chiese che hanno stipulato intese con lo Stato italiano.
      Per le altre confessioni religiose vige infatti l'articolo 8 della Costituzione che recita: «Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i

 

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propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze».
      Questo articolo ha cominciato ad avere attuazione sempre nel 1984 con la stipula dell'intesa con la Chiesa Valdese, seguita da quella con la Chiesa Avventista, con le Assemblee di Dio in Italia, con l'Unione delle Comunità ebraiche in Italia, con la Chiesa Evangelica Luterana e con la Chiesa Battista (UCEBI). In definitiva sei organizzazioni religiose di cui cinque cristiano evangeliche e una degli ebrei in Italia.
      Successivamente, sono state firmate dal Governo D'Alema altre due intese con l'Unione buddista italiana (UBI) e con la Congregazione cristiana dei testimoni di Geova, uscendo quindi dall'ambito «protestanti - ebrei» e affrontando la disciplina dei rapporti con altri culti. Tali intese non sono peraltro state finora approvate dal Parlamento e quindi non sono in vigore.
      Il Governo Berlusconi nella XIV legislatura ha stipulato altre due intese che pure non sono state approvate dal Parlamento. Si tratta di modifiche alle intese rispettivamente con la Chiesa Avventista e con la Chiesa Valdese.
      L'auspicio è che nella presente legislatura tutte e quattro queste intese già firmate dal Governo vengano approvate dal Parlamento e che le altre intese convenute dall'apposita commissione governativa e non ancora firmate dal Governo - quelle con la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni (Mormoni), con la Sacra Arcidiocesi d'Italia ed Esarcato per l'Europa meridionale (Ortodossi), con la Chiesa Apostolica in Italia, con l'Istituto Buddista italiano Soka Gakkai e con l'Unione Induista Italiana - vengano firmate dal Governo Prodi.
      Per tutte le confessioni religiose che non sono coperte da intese ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione, o perché non sono in grado di adirvi o perché per rispettabilissimi motivi non intendono avvalersi di un regime pattizio con lo Stato, dovrebbe valere una legge di attuazione della Costituzione. Si richiamano di seguito gli articoli 19 e 20 della Costituzione:

          Art. 19 - Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda, e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.

          Art. 20 - Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.

      Tali princìpi hanno bisogno per la loro attuazione di una legge dello Stato. In assenza dell'approvazione di una legge siffatta risultano vigenti (per quanto non annullate dalle sentenze della Corte costituzionale) le disposizioni della legislazione del 1929-1930 sui «culti ammessi». Tale legislazione era però stata emanata in un contesto del tutto diverso da quello attuale, ossia successivamente al Concordato del 1929 che sanciva che la religione cattolica era la religione dello Stato e in un regime giuridico precedente alla Costituzione repubblicana.
      Si sono succeduti in questo periodo vari tentativi di arrivare ad una legge sulla libertà religiosa coerente con la Costituzione.
      Si ricorda in proposito il disegno di legge presentato dal primo governo Prodi il 3 luglio 1997 (atto Camera n. 3947 - XIII legislatura) lungamente esaminato e integrato dalla Commissione Affari costituzionali (relatore l'onorevole professor Domenico Maselli) che giunse all'approvazione di un testo organico nel 2001 proprio alla vigilia dello spirare della legislatura stessa.
      Nella XIV legislatura il primo firmatario di questa proposta di legge si fece parte diligente della ripresentazione del testo «Maselli» (atto Camera n. 1576 del 14 settembre 2001), cui seguì poco tempo

 

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dopo un disegno di legge d'iniziativa del Governo Berlusconi (atto Camera n. 2531). Dopo alterne vicende e varie polemiche, peraltro, anche la XIV legislatura si è chiusa senza alcuna approvazione.
      Si ritiene pertanto urgente e opportuno ripresentare nella XV legislatura il testo della citata proposta di legge n. 1576, proprio perché la soluzione del problema di una legge sulla libertà religiosa coerente con i princìpi della Costituzione repubblicana è ormai indifferibile.
      Infatti, da grande e ineludibile problema di principio ma di fatto coinvolgente piccole comunità religiose, il tema delle confessioni religiose non coperte da intese si è di fatto allargato, anche per effetto del processo di immigrazione. In tale contesto esso investe quella che oggi è la più consistente minoranza religiosa in Italia, cioè la musulmana nelle sue varie articolazioni. Anzi la polemica che da parti politiche ben individuate si è levata nella scorsa legislatura nei confronti della legge sulla libertà religiosa si è fondata sulla critica che essa fosse troppo generosa o lassista verso le comunità musulmane. Così la possibilità per un'organizzazione religiosa di ottenere il riconoscimento della personalità giuridica previa istruttoria condotta dal Ministero dell'interno e previo parere del Consiglio di Stato sulla coerenza del suo statuto con i princìpi dell'ordinamento giuridico italiano è stata dipinta come una sorta di avventurosa concessione. Ancora, la possibilità per i ministri di culto musulmani riconosciuti di poter celebrare matrimoni è stata dipinta come un'inaccettabile equiparazione ad altre religioni, piuttosto che come occasione di estensione del codice civile italiano in materia di matrimonio e di figli anche ai matrimoni celebrati con rito musulmano.
      In realtà, lo Stato italiano ha tutto da guadagnare dall'integrazione di chi si vuole integrare e tutto da perdere nell'alimentare una situazione «grigia» di non regolazione e di confusione in materia.
      Per tutti questi motivi si raccomanda all'approvazione del Parlamento la seguente proposta di legge.
      Essa ha come primo compito, all'articolo 41, l'abrogazione delle leggi sui «culti ammessi». Si è però considerato che il tempo passato dalla entrata in vigore della Costituzione, la lentezza con cui si sono approvate le intese - finora solo sei - ed anche la moltiplicazione di presenze religiose diverse nel Paese dovute alla mutata situazione, ed ora anche a una notevole immigrazione, rendono necessaria una legge quadro che non si sostituisca alle intese, che recepisca alcuni diritti pur contenuti nella legislazione abroganda e che eviti una discriminazione tra i culti per cui esiste il regime pattizio e quelli ancora in attesa di tale regime. Si può dire che, una volta approvata la legge sulla libertà religiosa, le nuove intese si presenteranno notevolmente snellite e dedicate proprio agli elementi specifici di ciascuna fede religiosa.
      La proposta di legge si compone di 4 capi: il Capo I, formato, da 14 articoli, riguarda la libertà di coscienza e di religione, riaffermando in tale campo e specificando i princìpi costituzionali a tale riguardo: l'articolo 1 infatti garantisce la libertà di coscienza e di religione in conformità alla Costituzione, alle Convenzioni internazionali sui diritti dell'uomo e ai princìpi del diritto internazionale generalmente riconosciuti.
      L'articolo 2 chiarisce in dettaglio in che cosa consistono tali diritti e prevede anche quali ne siano i limiti costituzionali.
      L'articolo 3 impedisce discriminazioni o costrizioni e anche l'obbligo di effettuare dichiarazioni specificamente relative alla propria appartenenza confessionale.
      L'articolo 4 si occupa dell'istruzione e dell'educazione dei figli.
      L'articolo 5 estende alle finalità di religione e di culto i diritti di riunione e di associazione previsti dagli articoli 17 e 18 della Costituzione.
      L'articolo 6 garantisce il diritto di aderire liberamente ad una associazione religiosa e di recedere da essa.
      L'articolo 7 sancisce il diritto di agire secondo i dettami della propria coscienza nel rispetto dei diritti e doveri sanciti dalla Costituzione.
 

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      L'articolo 8 prevede i diritti connessi all'appartenenza alle Forze armate, o enti assimilati, la permanenza negli istituti di prevenzione e di pena e l'assistenza religiosa relativa.
      L'articolo 9 prevede la non possibilità di discriminazioni sul lavoro per l'appartenenza ad una determinata confessione o associazione religiosa.
      L'articolo 10 dispone misure per il riconoscimento dei ministri di culto.
      L'articolo 11 riguarda i matrimoni religiosi validi agli effetti civili.
      L'articolo 12 si occupa dei diritti religiosi degli studenti.
      Gli articoli 13 e 14 riguardano i diritti per affissioni e distribuzioni di stampati relativi alla vita religiosa e per gli edifici aperti al culto pubblico.
      Il capo II, che comprende gli articoli da 15 a 26, si occupa delle confessioni e associazioni religiose e del loro eventuale riconoscimento giuridico, mentre il capo III, dall'articolo 27 all'articolo 36, riguarda la stipulazione di intese, ed il capo IV contiene le disposizioni finali e transitorie.
      La presente proposta di legge riproduce, come si è detto, l'analoga proposta presentata nella XIV legislatura a firma Spini ed altri (atto Camera n. 1576), con un'integrazione all'articolo 10, in cui viene introdotto un terzo comma per comprendere tutti i ministri di culto riconosciuti dal Ministro dell'interno.
      In conclusione, tra le libertà previste dalla nostra Costituzione, quella di coscienza e di religione assume una valore particolare, perché attiene alla sfera più personale e intima, riguardante il proprio rapporto con il trascendente o comunque la convinzione personale sul senso della vita. Non a caso Franklin Delano Roosevelt nel 1941 le mise in evidenza tra le sue quattro libertà: libertà di espressione, di religione, dal bisogno e dalla paura. Un programma tuttora valido e attuale.
 

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